Racchiudere l’elettronica dentro la carcassa di un masterizzatore mi ha dato diversi vantaggi:
*Il CFC si monta in maniera facile e sicura dentro qualunque case, compresi quelli che adottano sistemi tool free come il mio Uber Chakra.
*La struttura è rigida e solida, così tutti i circuiti rimangono adeguatamente protetti quando si deve fare manutenzione nel computer o durante un trasporto.
*La mascherina frontale viene ancorata a un supporto robusto.
*Il circuito stampato del masterizzatore, opportunamente ripulito dei componenti elettronici attivi, mi ha lasciato la comoda presa di alimentazione molex e il pettine IDE su cui ho fissato i rami di alimentazione delle ventole.
Dall’alimentatore ATX rottamato ho recuperato dei cavi elettrici sufficientemente lunghi per costruire tutti i circuiti interni e i rami di alimentazione esterni.
Anche le guaine a rete si sono rivelate utili perché riducono sensibilmente la tendenza dei cavi ad aggrovigliarsi.
In fine ne ho estratta una bella ventola da 140 mm ancora perfettamente funzionante che mi è servita nelle operazioni di collaudo e che potrò in seguito destinare alla ventilazione del case.
Come spiegavo sopra, i BD435 emettono poco calore con le potenze messe in gioco dalle ventole che troviamo nei computer e, infatti, nel progetto dell’Electrobus erano lasciati funzionare senza ausili per la dissipazione; io per prudenza ho preferito mettere dei piccoli dissipatori di alluminio (anch’essi ritagliati dal dissipatore dell’alimentatore) a contatto con pasta termoconduttiva per cpu, ma ho constatato con soddisfazione che durante il funzionamento diventano solo tiepidi.
Faccio notare che il lato posteriore dei transistor è elettricamente attivo (è connesso al pin dell’emettitore) e quindi i dissipatori non devono entrare in contatto con altri conduttori o toccarsi tra loro, pena il cortocircuito.
La mascherina frontale non è altro che la copertura di un vano da 5,25” di un case; l’ho strofinata con della carta vetrata molto grossa e una volta verniciata ho ottenuto una superficie con un effetto “legno grezzo”
Si può notare che tutti i componenti esposti sono raccolti verso il lato sinistro, in modo da lasciare uno spazietto libero per aggiungere in futuro qualcosa come altri led, interruttori, prese USB o semplicemente un logo adesivo. Nonostante la spaziatura ridotta, quando gli switch sono in posizione ON è possibile ruotare le manopole senza avere alcun intralcio alle dita.
Le due viti con cui la mascherina si fissa al telaio del masterizzatore, permettono di regolare l’allineamento con il frontale del case ospitante, in modo da apportare eventuali correzioni al difetto estetico.
Considerazioni:
Sono sicuramente molto soddisfatto del risultato ottenuto considerando che il CFC è il mio primo rheobus; ho provato sette ventole diverse per diametro e potenza e tutte possono essere regolate con efficacia, senza alcun problema di spunto all’avvio. Lo stile retrò che lo fa sembrare il pannello comandi di una vecchia apparecchiatura radiofonica, modernizzato dalla luce "blu elettrico" dei led, crea un impatto estetico che si abbina gradevolmente con la maggior parte dei case.
Durante il lavoro mi sono venute delle idee interessanti che poteri realizzare in un prossimo CFC v2.0, come per esempio l’uso di un masterizzatore a formato corto (ad esempio Lite-ON e simili), rami di alimentazione modulari (come nei migliori alimentatori moderni), componentistica più piccola per una versione su slot da 3,5”, led di colori diversi.
Ringrazio Mattia "Tarm@" per aver gentilmente condiviso il know how del suo progetto Electrobus.
Paolo Sartori [Capellone]