Micro cooling, è già un realtà?
Oggi abbiamo avuto una piacevole discussione con alcuni esponenti del panorama del raffreddamento industriale italiano, più nello specifico ci siamo avventurati nel ramo delle telecomunicazioni e la domanda che ci è stata posta è stata in merito al raffreddamento localizzato di singoli particolari.
Come alcuni di voi sapranno il mondo che ci circonda è infatti composto da molteplici apparati elettronici che ci consento di poter scrivere queste stesse righe comodamente da casa senza necessariamente essere costretti a dirigerci in appositi locali attrezzati; questi apparati con il tempo si sono tuttavia via via sempre più rimpiccioliti andando a pensionare quello che attualmente chiamiamo dissipatore. I motivi sono piuttosto semplici e sostanzialmente condensabili in un unica ragione: gli spazi ristretti che rendono difatto nulla l'areazione e quindi sostanzialmente inutile la presenza di un sistema dissipante convenzionale, il quale, una volta immagazzionata l'energia termica grazie al proprio buffer, andrà in collasso tanto più velocemente quanto più sarà piccolo il dissipatore o sarà maggiore l'energia erogata ad esso.
C'è quindi una posssibile soluzione al continuo ridimensionamento dell'elettronica e alla sostanziale stagnazione del mondo dell'air e liquid cooling? Forse si, e la risposta viene da una azienda americana che si occupa proprio del raffreddamento localizzato di specifici particolari elettronici come i diodi laser e piccoli moduli di alimentazione.
L'azienda in oggetto è la Nextreme Thermal solutions, recentemente presente sui rotocalchi a causa dell'acquisizione da parte di Laird Technologies, la quale si occupa principalmente del corretto raffreddamento dei particolari elettronici sfruttando quello che ai "vecchi" appassionati di liquid cooling riporterà subito in mente i tempi d'oro del LC italiano con Lunasio, Oclabs e Ybris; ovvero le celle di Peltier.
"La cella di Peltier è un dispositivo termoelettrico costituito da molte giunzioni ad effetto Peltier in serie; insieme ai dispositivi ad effetto Seebeck costituisce una applicazione dei sistemi detti "termoelettrici". Il suo nome deriva da Jean Charles Athanase Peltier.
Una comune cella Peltier è formata da due materiali semiconduttori drogati di tipo N e di tipo P, collegati tra loro da una lamella di rame. Se si applica al tipo N una tensione positiva e al tipo P una tensione negativa, la lamella superiore si raffredda mentre quella inferiore si riscalda. Invertendo la tensione lo spostamento di energia termica viene invertito."
Si tratta più nello specifico di mini celle di peltier dalle dimensioni di pochi millimetri fino ad un massimo di pochi centimetri, caratterizzate da un alta efficienza e con un delta tra faccia calda e faccia fredda di 50°C che permette di gestire in maniera rapida e dinamica la temperatura sul modulo da raffreddare.
Associando successivamente a tali moduli, opportunatamente installati, un regolatore di temperatura è possibile mantenere costante la temperatura sul die stesso con tempi di reazione inferiori al secondo e con un controllo dinamico della potenza assorbita da parte della tec; il risultato ne è una temperatura costante a prescindere dai carichi cui è sottoposto il dispositivo raffreddato con relativi benefici intermini di prestazioni massime e di speranza di vita complessiva.
Piuttosto interessante risulta il video dimostrativo dell'azienda dove una cella di peltier applica ad un diodo laser apporta un calo termico nell'ordine dei 20°C nel giro di un secondo:
La domanda viene quindi da se; nel corso degli ultimi anni CT ha analizzato molteplici soluzioni dissipanti, evidenziando come numerose soluzioni di raffreddamento ad aria siano di fatto parecchio sovradimensionate rispetto alla potenza massima erogata da un processore ponendo il punto di collasso termico persino sopra i 300Watts.
Quello su cui vogliamo riflettere è quindi su un possibile utilizzo di tale tecnologia anche in ambito strettamente consumer, non sarebbe di certo male avere un processore sempre a temperatura ambiente(o poco più) per di più, come in questo caso, se i consumi non superano la trentina di watt, meno di una pompa da liquid cooling di fascia alta. Gli svantaggi sarebbero invece sostanzialmente da attribuire alla rimozione dell'IHS, procedura di certo non semplice, al fine di porre a diretto contatto col die le pompe di calore; operazione che se da un lato richiede una buona manualità e un po di sangue freddo, dall'altra pone numerosi vantaggi sotto forma di prestazioni e di margini di overclock ottenibili.