Alla parte interna dell'alimentatore possiamo accedere tramite la rimozione di otto viti, una coperta dal sigillo di garanzia, le quali mantengono solidale il dissipatore con il resto della struttura, assicurando anche la corretta pressione ai pad termoconduttivi che fanno da interfaccia termica tra i dissipatori interni e l'esterno di buffer evitando che le strutture dissipanti interne entrino in collasso anzitempo nonostante la certificazione 80+ platinum che assicura bassi sprechi dal punto di vista energetico e quindi basse emissioni termiche.
I pad utilizzati risultano in tutto quattro, ciascuno da 3mm di spessore con un lato munito di biadesivo e un'altro sgombro da colla al fine di consentire le eventuali operazioni di manutenzione senza danneggiare ulteriormente l'unità; essi interfacciano come introdotto poc'anzi i dissipatori del'APFC e del primario assieme ai VRM con il dissiptore superiore che riceve anche il calore del trasformatore.
Curata risulta la parte inferiore del PCB che prevede nuovamente l'utilizzo di alcuni pad termoconduttivi, disposti in zone strategiche, a cui si unisce un film in plastica trasparente che previene il passaggio delle correnti dall'elettronica alla lamiera evitando inutili tensioni latenti.
Sul piano costruttivo l'alimentatore vanta un circuito interfacciato con la classica spina trapezoidale per il prelievo dalla rete, da qui l'alternata fluisce direttamente nel PCB dove incontra il primo stadio di filtraggio composto da due avvolgimenti, tre condensatori a X e quattro a Y (due centrali e ulteriori due vicino al diodo rettificatore) affiancati da un fusibile di sicurezza che sopperisce anche all'assenza del MOV per gli sbalzi di tensione in entrata; ovviamente immancabile risulta anche il cavo di messa a terra vincolato direttamente alla lamiera esterna.
A lato della fase di filtro abbiamo lo stadio rettificatore costituito da un unico ponte raddrizzatore privo di seriale, dissipato in maniera passiva dalla medesima struttura dissipante che si occupa del contenimento delle temperature del Mosfet e del diodo di boost; a loro supporto trovano collocazione un condensatore Nippon Chemi-Con e un termistore munito di relativo relais per riportare l'unità al suo correto funzionamento a termistore raffreddato.
Termistore e relativo relais di controllo | Ponte raddrizzatore |
Passato il ponte raddrizzatore la corrente viene reindirizzata verso il primario dove si trova il circuito di APFC che aumenta l'efficienza complessiva dell'unità; questo è composto da un mosfet siglato 5R140P e un diodo; gli switchers utilizzati per il primario sono in tutto due con sigle 5R199P, accoppiati ad un convertitore LLC per aumentare l'efficienza della PSU.
Il Controllo dell'Active PFC è dato da un NCP1653A alloggiato sulla scheda secondaria disposta sulla sinistra a cui si affianca un controllo in PWM deputato al pilotaggio dei transistor di switching.
Il secondario prevede quattro ulteriori mosfet per la generazione della +12v mentre le tensioni minori vengono estrapolate mediante l'utilizzo di un convertitore DC-DC (VRMs) che consente di ottenere sia la 5v che la 3,3v a partire dalla 12v fornita in continua.
Le connessioni in uscita prevedono nel complesso cinque slot per la +12v, di cui solo tre utilizzate, tre per la 5v, tre per la massa e una per la 3,3v; tutte prese dal PCB tramite l'utilizzo di cavi di rame crimpati all'interno di un connettore a puntale successivamente saldato al PCB, gli amanti delle riparazioni avranno vità facile qui.
Ulteriormente filtrato risulta anche il molex di connessione per i cavi modulari che prevede l'adozione di due condensatori elettrolitici posti a protezione dell'hardware alimentato.